Per non ballare…mangio!

Per non ballare…mangio!

Le competenze del Terapeuta della gestalt attraverso la descrizione di una seduta terapeutica.

In gestalt, vedere e utilizzare i meccanismi difensivi e disfunzionali che la persona ha messo in atto e riproduce nella relazione terapeutica, permette anche di far emergere le risorse del paziente presenti nel campo terapeutico e utilizzarle….

 

 PER NON BALLARE… MANGIO!

Tratto e rielaborato da un incontro tra Titti (soprannome di Tiziana) e Anna Maria Acocella

Tiziana,32 anni; psicoterapia individuale

 

  • Terapeuta: Buongiorno Titti (ha chiesto, dalla prima seduta, qualche mese fa, di essere chiamata così) come stai? Mi sembri un po’ appesantita! (Titti si è seduta con fatica e sforzo)

Paziente: Bene grazie. Un po’. Tu come stai?

  • Terapeuta: Bene! Grazie. (silenzio) (Aspetto qualche minuto) Sembri pensierosa

P: Si, stavo pensando a quello che voglio fare per me qui oggi.

  • Terapeuta: Bene, oltre che pensarlo puoi anche sentirlo? (Il terapeuta favorisce il contatto e la consapevolezza)

P: Come?

  • Terapeuta: Respirando, per esempio.

P: Già. Mi dimentico sempre.

  • Terapeuta: (La incoraggio a respirare)

P: Fatto (mi dice).

  • Terapeuta: Non è mica una puntura!

P:(Sorride) Devo respirare ancora?

  • Terapeuta: Senti quello che provi qui, in questo momento, con me, attraverso il respiro

 P: (Respira) Provo sollievo, sollievo al pensiero che posso pensarmi.

  • Terapeuta: Pensarti o sentirti?

P: (Respirando) Pensarmi e sentirmi.

  • Terapeuta: Bene! Cosa senti ora?

P: Una specie di brivido.

  • Terapeuta: E che effetto ti fa?

P: Eccitante, mi piace

  • Terapeuta: Si vede. Hai cambiato posizione del corpo e tono della voce. (Restituzione dei dati osservati e osservabili)

 P: Ah sì è vero!

  • Terapeuta: Qual è il tuo pensiero su questo? (Livello cognitivo)

P: Penso che sia buono per me sentirmi, e penso di esserne capace.

  • Terapeuta: Ripetilo e senti che effetto ti fa. (Presa di contatto)

P: Sono capace di sentirmi, di pensarmi.

  • Terapeuta: Respira mentre lo dici.

P: Ah già. (Respirando velocemente) Sono capace di sentirmi, di pensarmi.

  • Terapeuta: Respira più lentamente.

 

  • Terapeuta: Che effetto ti fa?

P: Mi sento un po’ scomoda vorrei muovermi, cambiare posizione, posso ?

  • Terapeuta: È possibile fare quello che il tuo sentirti ti dice!

P: Sorride, si alza in piedi, fa qualche passo, mi guarda, scrolla le spalle e gira la testa da una parte e dall’ altra.

P: Ohhhh.! (Esclama). Ora va meglio (continua a scrollare le spalle)! Avevo bisogno di muovermi.

  • Terapeuta: Avevi o hai?

P: Ho.

  • Terapeuta: E allora continua. Anzi facciamolo insieme. (mi alzo in piedi, mi metto acconto a lei e respirando la accompagno nei movimenti che spontaneamente si susseguono. (partecipazione attiva dall’esperimento)
  • Terapeuta: Sembra una danza. Ti piace ballare? (le chiedo)

P: Si tantissimo.

  • Terapeuta: Balli?

P: No. Non più.

  • Terapeuta:

P: Ho smesso tanto tempo fa. Si ferma , e si siede.

  • Terapeuta: (Mi siedo di fronte a lei). Il motivo?

P: Ho perso interesse. Ho fatto altro.

  • Terapeuta: Per non ballare hai fatto altro

P: No. Ho fatto altro e ho smesso di ballare.

  • Terapeuta: Appunto per non ballare hai fatto altro.

P: Non capisco.

  • Terapeuta: Per smettere di fare qualcosa che ci piace molto, dobbiamo fare qualcos’ altro!! Tu cosa hai fatto? Qui, ti sei seduta. Nella tua vita?

P: In qualche modo anche

  • Terapeuta: Cioè? Come ti sei seduta?

P: Andando alle partite di calcio di mio marito.

  • Terapeuta: Ah! Allo stadio?

P: No. Ai suoi allenamenti.

  • Terapeuta: Beh sembrano importanti e impegnativi quelli allenamenti!

P: Noiosi e inutili.

  • Terapeuta: Per chi?

P: Per me.

  • Terapeuta: Per quanto tempo hai smesso di fare una cosa che ti piace moltissimo per farne una noiosa e inutile?

P: 7 anni! (Si accascia sulla poltrona con la testa bassa, le gambe incrociate e le braccia conserte)

  • Terapeuta: E per sette anni hai smesso di sentirti?

P: Non proprio.

  • Terapeuta: Aiutami a comprendere meglio come hai fatto a sentire di voler ballare e non farlo fino ad oggi.

P: Sapevo che a lui faceva piacere. Quando andavo diceva che si allenava meglio. Era contento di sapermi li.

  • Terapeuta: Contento di saperti seduta e annoiata.?

P: Non glielo mai detto che mi annoiavo.

  • Terapeuta: Cosa gli hai detto per 7 anni?

P: Che se era felice lui, lo ero anch’io.

  • Terapeuta: Ed è vero?

P: No. Mi mancano tante cose! Ma sono anche contenta.

  • Terapeuta: Quindi, gli hai detto delle bugie.

P: No, non proprio. Sono anche contenta.

  • Terapeuta: Anche contenta. Per lui o per te sei contenta?

P: Per lui

Terapeuta: Cosa provi Titti?

P: Sono triste, molto triste. Ma come facevo a dirgli che avrei voluto continuare a ballare? Che del pallone non mene fregava nulla, che mi rompevo le scatole e che non vedevo l’ora che finisse.

  • Terapeuta: Non so come tu avresti potuto fare a dirglielo. Quello che mi chiedo e ti chiedo è come hai fatto a non dirglielo!

P: (Silenzio) …Ho cominciato a mangiare. Mangiare sempre e tanto.

  • Terapeuta: Ora mi è più chiaro come hai smesso di ballare! Ti sei resa pesante, stanca e ferma.

Che effetto ti fa quello che ti sto dicendo? Ti risuona?

P: È bello ballare. Per me era come volare.

  • Terapeuta: Ballare era come volare? Come è stato qui con me?

P: Naturale e spontaneo. Mi sentivo come se avessi la musica dentro. Quello che dici mi risuona, mi fa male ma risuona.

  • Terapeuta: Ti ri-suona come?

P: Mi risuona!

Terapeuta: Senti come ti ri- suona e balla al ritmo di questo suono.

P: Non so se ci riesco.

  • Terapeuta: Non lo so nemmeno io. Possiamo provare!

P: Titti si alza in piedi, chiude gli occhi e gradualmente, con il movimento del suo corpo da forma ed espressione al suo sentire.

  • Terapeuta: Puoi raccontare come ti ri- suona ?

P: Mi risuona come un uccellino al quale sono state tagliate le ali, con le zampettine ogni passo è pesante e lento, sbatte senza muoversi, è vivo ma  non respira. È doloroso! Quanto mi dispiace.

  • Terapeuta: Si è doloroso. Per chi ti dispiace?

P: Per me, e per mio marito con il quale non ho mai volato!

  • Terapeuta: Peccato! È bello ballare insieme a te.

P: Io non ho mai ballato con mio marito!

  • Terapeuta: Puoi sempre cominciare!

P: Ma adesso con il mio peso. Sarebbe ridicolo e faticoso. Sono troppo grassa per ballare.

  • Terapeuta: Ma qui, lo hai fatto.

P: Si, ma qui è diverso, è un’altra cosa.

  • Terapeuta: Come è diverso qui?

P: E’ diverso. Tu mi conosci, non mi giudichi…

  • Terapeuta: Nel senso che tuo marito non ti conosce e ti giudica?

P: Non mi giudica e mi conosce un po’.

  • Terapeuta: Quanto basta per continuare a conoscerti?

P: Ormai!!

  • Terapeuta: Ormai, nel senso che vuoi continuare ad andare agli allenamenti noiosi e dei quali non ti importa nulla per altri 7 anni e continuare a mangiare per non sentire, e continuare ad ingrassare per muoverti sempre meno?

P: Oddio che orrore!!!!

  • Terapeuta:

P: Ma io voglio riprendere a ballare.

  • Terapeuta: Allora fallo.

P: Va bene, mi metto a dieta, dimagrisco almeno 10 chili, 15 è meglio, e poi contatto la mia vecchia insegnante, e parlo con Marco (il marito). Sì farò così.

  • Terapeuta: Quante cose vuoi fare?

P: Sono quelle che devo fare

  • Terapeuta: Ma tu cosa vuoi fare?

P: Voglio riprendere a ballare.

  • Terapeuta: Questa è una cosa sola! Ed è sufficiente per cominciare.

P: Si va bene, ma come faccio?

  • Terapeuta: (Mimando con le braccia il movimento delle ali) Restituisci all’uccellino le ali!!!

P: Che bella immagine. Leggera!!!

  • Terapeuta: Che effetto ti fa?

P: Mi commuove.

  • Terapeuta: Lo vedo.

P: Ma sono grassa.

  • Terapeuta: Qui lo hai fatto nonostante il grasso!! Non hai mai visto un uccellino pienotto?

P: Non risponde

  • Terapeuta: (Aspetto e la invito a respirare e a sentire). Respira, entra nel movimento del tuo respiro.

P: È lento e sembra faccia fatica.

  • Terapeuta: È la fatica che fai tu a stare ferma, che hai fatto per sette anni, smettendo di ballare.!

P: (Si muove, bruscamente si alza, e incomincia a muoversi. Muove le sue braccia, le mani, si alza sulle punte, e gira su se stessa). Che bello (esclama) . Posso continuare?

  • Terapeuta: Si, hai ancora qualche minuto.

P: Bastaaaaa! (pausa) Ho spiccato il volo! (esclama)

  • Terapeuta: Tu? o l’uccellino ha spiccato il volo?

P: (continuando a muoversi, danzando) Io, ora che l’ho liberato.

  • Terapeuta: Certo, finché non aveva le ali, era prigioniero. Un po’ come te!

P:SI. Si. Si. Vorrà dire che dimagrirò ballando!!!

  • Terapeuta: È probabile visto la voglia di ballare che vedo!

P:(Continua la sua danza, il suo ballo, ancora un po’. Poi si tuffa sulla poltrona sorridendo).

  • Terapeuta: Come stai?

P: Stanca, sudata ma felice (mi dice guardandomi negli occhi)

  • Terapeuta: Fermiamoci qui Titti. Va bene per te?

P: Si, ciao, ci vediamo la settimana prossima. (si alza dalla poltrona)

  • Terapeuta: Ciao TITTI, e attenta ai gatti!!

P: (Ridendo) Ma io sono più veloce.

  • Terapeuta: Non ancora, hai appena cominciato!

P: E’ vero, ma ho tanto arretrato!!

  • Terapeuta: Anche questo è vero! A mercoledì

P: A mercoledì. Stessa ora?

  • Terapeuta: Stessa ora.

P: Mi abbraccia entusiasta (non l’aveva mai fatto) e vai via muovendosi con grazia e leggerezza, senza voltarsi indietro, come di solito, invece, era abituata a fare!

 

Commento

Il commento riguarda alcune competenze dello psicoterapeuta della gestalt che la seduta descritta racchiude, il profilo non è normativo ma descrittivo.

 

Le competenze del Terapeuta della gestalt:

  • Vede e utilizza le risorse del paziente presenti nel campo terapeutico. È in grado di notare, utilizzare nelle relazioni e condividere nel modo e nel tempo appropriato ciò che è positivo, funzionale e creativo nel paziente, nelle sue relazioni, nella sua storia e nella sua vita; così come è in grado di osservare e riconoscere i meccanismi difensivi e disfunzionali che la persona ha messo in atto e riproduce nella relazione terapeutica.
  • È in grado di riconoscere il contenuto delle figure dell’esperienza che il paziente porta nel qui e ora e di capire il modo in cui queste prendono forma e si co-creano
  • Coglie sia il contenuto che il processo: ciò che il paziente dice, come lo dice e che effetto ha su sé stesso e sulla relazione.

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